Quanto vale il nostro tempo?

Quanto vale il nostro tempo?

Uomo alla scrivania dentro una gabbia
Uomo al lavoro dentro una gabbia

La convenzione ci ha abituati ad una normalità secondo la quale è “normale” stare 8 ore al giorno chiusi in un ufficio o in una fabbrica, a cui aggiungendo il tragitto casa-lavoro, si può arrivare tranquillamente a 10 ore del nostro tempo, per fare un’attività che se potessimo scegliere probabilmente non faremmo.
Questo, nel migliore dei casi, per 5 giorni alla settimana, più di 20 giorni al mese, per avere una paga con la quale, considerando le tasse, gli aumenti e l’inflazione, riusciamo a malapena a vivere in modo decoroso.
Se poi ci sono problemi familiari, di salute, o persone che hanno bisogno di cure, allora molto probabilmente saremo dei poveri anche lavorando.
Tutto il resto di quel poco tempo che rimane lo passeremo per la maggior parte correndo freneticamente da una parte all’altra per districarci tra bollette, scadenze, multe, documenti da rinnovare o da produrre, ad esempio il 730 o l’isee, tasse da pagare (mutuo, irpef, IMU, tari, rate condominiali e quant’altro), che ci permetterebbero di continuare la nostra miserrima esistenza.
Quando ci liberiamo materialmente da queste incombenze continuiamo a correre con i pensieri: “questo mese devo ricordarmi di pagare l’assicurazione, il prossimo ho la scadenza della rata di condominio, devo ricordarmi di quella spesa per la macchina, poi ho da scrivere quella email a scuola e devo sentire il capo per quella riunione a cui non posso partecipare, devo mettere da parte un budget per le ferie se riesco perchè prima ho da fare quei lavori urgenti a casa”, e così via.
Se poi abbiamo anche figli diventano preziosi persino i minuti che trascorriamo in bagno per le banali funzioni corporali.
Nonostante questo molti trovano persino il tempo per andare allo stadio e disintegrare quel poco tempo che hanno di libertà.
Se alcuni hanno il coraggio di definire questo sbattimento quotidiano una vita dignitosa buon per loro.
Per quanto mi riguarda mi piace pensare che non siamo certo nati “per galleggiare in questa merda”, come direbbe un famoso cantautore.

IN UN ALTRO LUOGO
Proviamo a fantasticare un po’.
Ci troviamo in un mondo meraviglioso, dove non c’è caos, non c’è rumore, nessuno ha fretta.
Non ci sono macchine, solo persone che passeggiano tranquillamente lungo sentieri con una vegetazione rigogliosa.
Il tempo non viene scandito da un orologio. Un attimo può durare un anno, e si vive nel presente tutto il tempo.
C’è tranquillità, tutti sorridono e vanno d’accordo. Ci sono giardini tutt’intorno ricchi di fiori, profumi e colori.
Sediamo su una panchina di legno in uno di questi giardini.
Guardiamo l’orizzonte.
Chiudiamo gli occhi.
Respiriamo lentamente.
Siamo immersi in una pace eterna.
Non abbiamo pensieri.
Siamo pieni di gioia, pace e gratiudine.
Una persona elegante con fare cordiale si avvicina lentamente e ci saluta sorridendo.
È il nostro mentore.
Ci chiede come stiamo e se siamo pronti per una nuova avventura.
Ci dice che possiamo incarnarci sulla Terra per evolvere spiritualmente.
Ci dice che è un posto pieno di insidie, che dovremmo aspettarci delle gabbie fisiche e mentali, dalle quali, se non usciamo, rischiamo di disperdere le nostre energie e sciupare la nostra vita.

Ed eccoci qua, finalmente sulla Terra, chiusi in una fabbrica, dove invece di dedicarci alla nostra evoluzione spirituale, passiamo tutto il tempo lavorando, pensando a come guadagnare di più per riuscire ad adempiere le nostre scadenze, sgobbando tutto il giorno fino a tardo pomeriggio, con il resto della giornata piena di impegni e la mente colma di pensieri contrastanti.

LA NORMALITA’
Supponiamo di chiedere a delle persone di chiudersi in una cella tutti i giorni dove svolgere dei semplici compiti, in cambio di vitto e alloggio. Probabilmente nessuna di queste accetterebbe.
Se queste persone fossero disoccupate e venisse offerto loro un lavoro, che occupa buona parte della giornata solare, per tenerle chiuse in un luogo, e verrebbe poi dato loro uno stipendio col quale pagherebbero vitto e alloggio, la quasi totalità accetterebbe senza esitare.
Accostare i due scenari è chiaramente una provocazione.
Ma in quanti sono in grado di notare le similitudini tra i due?
Apparentemente sembra di scegliere tra due cose contrapposte, e la seconda è indubbiamente la scelta migliore perchè quelle persone non sono dentro una gabbia fisica.
Ma le gabbie non sono necessariamente fisiche. Il fatto di essere obbligati a stare in un luogo tutto il giorno, non è forse come stare in una gabbia?
Potremmo percepirla come una gabbia mentale, dalla quale difficilmente ci si può liberare.
L’illusione della “scelta” è probabilmente un’influenza di questa società, perchè il mondo ci ha abituato a fare così, tutti lo fanno, la realtà che ci circonda ci mostra solo questi esempi, e persino i nostri genitori ci spronano da sempre a trovare un lavoro per condurre una vita “normale”.
Ma mi chiedo, se non ci fosse l’incombenza delle bollette, delle spese quotidiane, se fossimo liberi da tutte le spese che ci opprimono, baratteremmo il nostro tempo con una paga per stare rinchiusi in un luogo per fare cose che non ci interessano?
E soprattutto lo faremmo per una somma di denaro che ci consente a malapena il sostentamento?

GLI ALTRI
Provando a dibattere sull’argomento con una persona comune molto probabilmente ci verrebbero fornite frasi di circostanza e luoghi comuni, del tipo: si è sempre fatto così, lo fanno tutti, è questa la normalità. Come si manterrebbe la società se nessuno lavorasse? Oppure il lavoro è un diritto. Nella Costituzione è scritto che il lavoro è un diritto fondamentale. E magari il lavoro nobilita l’uomo.

Nessuno andrebbe oltre l’indottrinamento sociale per vedere dal di fuori come questa visione del lavoro propagandata per generazioni sia distorta, in modo da farla sembrare un diritto invece di quello che realmente è, ossia puro sfruttamento dell’essere umano, a tratti simile alla schiavitù di qualche secolo fa, dove le catene non sono più fisiche, ma mentali.
Con a capo una classe dirigente, che ruba le nostre energie (i nostri soldi) per bruciarli letteralmente in privilegi, appalti truffaldini, ruberie varie.
Senza contare la Mega Truffa del debito pubblico, a causa del quale vengono inceneriti miliardi di euro guadagnati ogni singolo giorno da lavoratori indefessi, per ottenere in cambio il nulla assoluto.
Sarà opportuno fare un breve excursus sul signoraggio bancario, dal quale deriva la maggior parte del debito pubblico degli Stati, che condiziona la vita di tutti gli esseri umani che lavorano.

SIGNORAGGIO BANCARIO
Il signoraggio è molto semplicemente un ingranaggio attraverso il quale vengono prestati dei soldi da una banca centrale ad uno Stato, il cui valore materiale è di pochi centesimi, per riavere indietro il valore nominale (il numero stampato sulla banconota), a cui vanno aggiunti anche gli interessi.
Ad esempio, la BCE stampa una banconota da 100 euro, spendendo 20 centesimi tra inchiostri e materiale cartaceo, che è il costo effettivo del materiale. La presta allo Stato Italia e vuole indietro non 40 centesimi, considerando la manodopera, ma ben 100 euro più gli interessi, mettiamo 110 euro.
Nel corso dell’evoluzione del denaro, poiché la moneta oggi non è più fisica, ma quasi del tutto elettronica, viene quindi creata attraverso impulsi elettrici di un computer, la truffa è rimasta essenzialmente la stessa.
Considerando che questa modalità viene applicata su prestiti di miliardi di euro possiamo quindi immaginare quanto colossale sia l’ammontare del debito che ne scaturisce, e che porterà inevitabilmente all’innalzamento del debito pubblico dello Stato.
Tutto questo, poichè lo Stato dovrà risparmiare per rimanere nella soglia del debito, si traduce in tagli alla spesa pubblica, meno servizi ai cittadini, tagli a scuola, sanità, servizi pubblici di ogni genere, e privatizzazione selvaggia per far quadrare i conti.
Ma anche tagli alle pensioni e maggiori anni di lavoro per la collettività.
Insomma, viene innescato un processo a catena per cui bisogna lavorare di più, pagare più tasse e ritrovarsi con dei servizi in meno. Tutto ciò per ripagare quei famosi debiti che lo Stato ha accumulato a causa di un sistema strozzinaggio, e con lo scopo illusorio di ridurli.
Infatti ridurre il debito non è che una pia illusione, perché in uno Stato che funzioni, per avere un’economia florida, devono per forza di cose circolare tanti soldi, il che prevede come conseguenza, come abbiamo visto sopra, un’ulteriore consistente accumulo di debito.
Un circolo vizioso da cui non c’è via d’uscita.
Questo grafico parla da solo. Per quanto il pil sembra crescere negli anni non c’è verso di far rientrare il debito pubblico, che è destinato solo a salire:

Prodotto interno lordo e Debito pubblico lordo nominali in Italia
PIL e debito pubblico in Italia dal 1960 al 2022

Inoltre i soldi, anche se guadagnati con anni di lavoro e sacrifici, non saranno mai di chi li guadagna, ma di chi li emette. Hanno persino stampigliato sopra il copyright, e quindi andranno sempre restituiti.
Ci sono molti testi in cui il concetto del debito è spiegato in modo semplice. Uno dei tanti è “Il più grande crimine” di Paolo Barnard, oppure “Euroschiavi” di Marco della Luna e Antonio Miclavez.
Ma ci sono anche film e documentari come El concursante, o Zeitgeist, dove si parla di questo e altri inganni.
Nel recente passato inoltre c’è stato un professore di economia che ha denunciato questo fenomeno, il professor Giacinto Auriti, che è stato ostacolato dal sistema.
Questo breve paragrafo vuole solo essere d’accenno a questi argomenti, che sono sì complessi ma tutt’altro che complicati. Anche se così li si vuole far apparire.
I concetti alla base sono semplici e non bisogna farsi ingannare da formule matematiche e concetti economici astrusi dei tanti economisti prezzolati che appaiono nei salotti televisivi.
Il linguaggio mediatico vuole farci sentire poveri e ignoranti in modo tenerci al guinzaglio, continuando a delegare la gestione delle cose che non comprendiamo.
Invece è molto semplice capire che se uno Stato emettesse la sua moneta, attraverso una sua banca o tesoreria, potrebbe di volta in volta decidere quanto immetterne nell’economia reale del suo Paese, ed essere in grado di controllare tutto ciò che dipende da esso.
Potrebbe decidere quali e quanti nuovi lavori creare, finanziando tutti gli appalti necessari. Ridurre la disoccupazione. Decidere quali mercati finanziare e quali no. Investire in servizi, strutture, istruzione, salute, e tutto ciò che ritenga necessario. Gestirebbe in pratica l’economia del suo Paese in completa autonomia.
Se c’è inflazione molto semplicemente alzando le tasse la farebbe rientrare.
Ma se il denaro è preso in prestito, e deve essere restituito a un tasso da usura, è chiaro che uno stato non potrà mai prendere delle decisioni in autonomia, né investire dove e quando vuole.
Dovrà invece sottostare a delle regole ferree imposte da chi gli ha prestato i soldi, in questo caso la BCE, e quindi l’Europa che la controlla.
Significativa è l’espressione: “datemi la gestione del denaro di un Paese e non mi interesserà più chi farà le sue leggi” del banchiere tedesco Mayer Amschel Rothschild.
Inoltre abbiamo visto che fine fanno gli Stati che non rispettano tali regole, ad esempio la Grecia.
Quando poi i soldi non bastano più nemmeno per il neccessario lo Stato comincerà a tagliare i servizi essenziali per il pubblico e a svendere il proprio patrimonio. Cosa che in Italia sta avvenendo da almeno 30 anni.
Famosa è la dichiarazione di Cossiga di alcuni anni fa in cui definiva l’ex governatore della banca d’Italia Mario Draghi, “un vile affarista… liquidatore dell’industria pubblica italiana”.
E manco a farlo a posta è poi diventato presidente del Consiglio in un periodo di crisi finanziaria.
Tornando a noi, dopo quello che abbiamo visto, ha una qualche valenza logica sgobbare otto ore al giorno, sacrificando il nostro tempo e la nostra vita, sapendo che buona parte di tutti quei soldi, guadagnati col nostro sudore, serviranno a ripagare il debito pubblico (tradotto, finiranno letteralmente bruciati nel camino)?

INVERSIONE DI TENDENZA
Sarebbe necessario un ribaltamento del funzionamento attuale del sistema di produzione del denaro.
Non lasciare che siano terzi ad emettere il denaro ma che sia un ente sotto stretto controllo dello Stato.
La moneta dovrebbe essere emessa a credito del lavoratore, così come è il suo valore insito.
Non ha nessun senso ripagare qualcuno di un servizio prestato con un debito, ma piuttosto con un credito.
Una volta che lo Stato si sarà rimpossessato della sua sovranità monetaria, dalla quale di conseguenza dipendono tutte le altre, come quella legislativa, sarebbe opportuno un adeguamento degli stipendi al costo della vita.
Un adeguamento del tempo speso al lavoro con il tempo che trascorriamo con i familiari, e con i nostri interessi e svaghi. Questa potrebbe definirsi una vita dignitosa.
Una drastica riduzione delle tasse, il cui scopo dovrebbe essere solo il controllo dell’inflazione.
Che senso ha per uno Stato dare uno stipendio a un impiegato e poi sottrargli un 40-50% in tasse, visto che lui stesso produce quel credito?
Da parte del lavoratore ci dovrebbe essere una maggiore consapevolezza del ruolo che svolge.
Non dovrebbe più avere quella predisposizione mentale ad un guadagno sempre maggiore finalizzato ad un arricchimento fine a se stesso.
Dovrebbe invece mettersi al servizio della comunità con una propria competenza o conoscenza, con la quale sarà premiato con una paga commisurata alle esigenze della sua vita.
Dovrebbe esserci per tutti la volontà di costruire una società autosufficiente e collaborativa, che non ha più bisogno di chiedere prestiti di denaro a realtà esterne.

L’INGANNO NELL’INGANNO
Quante volte abbiamo sentito dirci in tv da sedicenti esperti che il debito pubblico è dovuto ai nostri comportamenti lascivi e spendaccioni, oltre al fatto di aver lavorato poco per andare in pensione troppo presto e che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità?
Sono tutte menzogne per distoglierci dal vero problema che è l’usura che subiamo da anni.
Vi sembra normale che qualcuno vi dica che appena nati i vostri figli debbano saldare con lo Stato un debito di 50 mila euro(1)?
Lo stesso Stato che lamenta poi il fatto che non ci sono abbastanza nascite per il ricambio della popolazione odierna(2).
Non è che magari lui stesso ci stia in qualche modo istigando a non avere progenie per non far gravare su di loro i già troppi problemi che gravano su di noi?
Uno Stato un po’ schizofrenico verrebbe da dire.
Sembra un po’ di sentire la predica religiosa che ci accusa di essere peccatori e ci invita a pentirci già dal momento che siamo nati.
Quindi non solo veniamo sfruttati e privati del nostro tempo, ma poi ci vengono scaricati addosso tutti i problemi derivanti da una mala gestione della macchina dello Stato dai parassiti che puntualmente ritroviamo al governo.
È ancora possibile accettare tutte queste menzogne e vivere una vita che si basa su di esse?

ENTI RICERCA E FONDAZIONI
Molto spesso vediamo in tv pubblicità per donazioni a enti e fondazioni per supportate la ricerca su malattie rare o al contrario quelle sempre più diffuse.
Spesso vediamo maratone per la raccolta fondi al fine di supportare queste realtà.
Supponendo che tutto ciò che abbiamo visto sopra sia vero, e lo è sicuramente, perchè non si fa carico lo Stato di supportare queste ricerche visto che da quanto recita l’articolo 32 della Costituzione sul diritto fondamentale alla salute ne scaturisce l’obbligo morale di tutela della salute della collettività da parte dello Stato?
Non è, a questo punto, alquanto ipocrita elemosinare soldi ai già tartassati lavoratori che annaspano per arrivare alla fine del mese, quando basterebbe semplicemente chiederli a chi ha la facoltà di emetterli con un semplice click su un pulsante di una tastiera?
In realà dovrebbe essere lo Stato a sostenere queste fondazioni in quanto ente preposto alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, e la salute, così come la ricerca, lo sono sicuramente.
Dovrebbe essere ormai abbastanza chiaro che non c’è nessuna volontà da parte di chi gestisce il potere e la ricchezza di aiutare i cittadini.
Se poi andiamo ad informarci e a vedere chi ha fondato e gestisce queste associazioni compaiono nomi di insospettabili, spesso esseri che odiano l’umanità.

L’ILLUSIONE DELLA SCELTA
Il sistema ci ha convinto che questo è il mondo di oggi. Funziona così perchè tutti fanno così, e ci propina una miriade di esempi con la tv, la pubblicità, i film, le serie, gli artisti, cantanti e attori, ed anche il gossip.
Questi esempi ci dicono che per essere felici dobbiamo essere ricchi, fare soldi, avere una macchina costosa, una casa in un quartiere prestigioso, i vestiti di marca, ecc. Poi dobbiamo frequentare certi locali, certe strutture, palestre, cliniche, scuole, ecc.
Ma ovviamente non ci dice che non diventeremo mai ricchi, anche perchè se tutti smettessero di lavorare, questo sistema cadrebbe come un castello di carte.
Però continuiamo a lavorare con l’illusione che un giorno avremo più soldi e potremo permetterci le cose propagandate dal sistema.
Ci hanno condizionati al fine di ottenere tutte queste cose che ci faranno sentire ricchi, migliori e accettati dalla società.
Ci hanno convinto che far parte di un certo status sociale sia il motivo della nostra esistenza, e lavoriamo tutta la vita per riuscirci.
Ci hanno convinto che tutta questa roba ci renderà felici e, molto probabilmente, quando avremo raggiunto l’apice della scala sociale, cosa che raramente accade, ci renderemo conto che siamo più infelici di quando non avevamo niente.

CONSUMISMO
Tutto questo ci porta ad un altra trappola in cui cadiamo tutti che è l’acquisto compulsivo di cose sempre nuove, di ultima generazione, in voga o alla moda.
Per potercelo permettere siamo disposti a lavorare di più, a fare staordinari se necessario, e quindi a sacrificare altro tempo di vita.
Le pubblicità ci convincono che abbiamo bisogno sempre di cose nuove, di quella macchina, di quella borsa, di quello smarthphone…
Come se non bastasse ci bombardano continuamente con messaggi e problematiche relative all’emergenza di turno, come il riscaldamento globale, la scarsità d’enegia, la crisi alimentare, spesso inventate a tavolino, spingendoci a comprare altre cose o a cambiare quelle che abbiamo già, come ad esempio l’auto elettrica al posto di quella a combustione, costringendoci magari ad un altro mutuo che ci ingabbia per anni.

TRAPPOLE SOCIALI
Le trappole in cui cadiamo più o meno tutti, e quasi sempre senza rendercene conto, è utilizzare il nostro poco tempo rimanente, quello extra lavoro, in distrazioni o attività inutili.
Un esempio eclatante per il nostro Paese è il calcio.
Ma ce ne sono innumerevoli, giusto a titolo d’esempio, il gioco d’azzardo, la schedina, il superenalotto, le campagne politiche, le attività religiose, lo shopping compulsivo, e ciliegina sulla torta la televisione che le racchiude tutte insieme.
Purtroppo ancora oggi la maggioranza delle persone non si rende conto di sprecare tutto il proprio tempo libero con tante distrazioni.
Non ne hanno più quindi da dedicare alla ricerca, alla lettura, a fare le giuste esperienze, perchè tutto il tempo al di là di questo lo passa a lavoro.
Come se non bastasse ultimamente hanno introdotto anche il calcio femminile, così anche le donne sanno come sprecare il tempo extra lavoro.
Approfondimenti di calcio e politica sui media sono un’ulteriore un’estensione di questo.
Persino partecipare alle funzioni religiose e diventare devoti di questo o quell’altro santo portano ad un grandissimo dispendio di tempo e di energie.

QUANTO VALE IL NOSTRO TEMPO?
Molto spesso, direi quasi sempre, deleghiamo ad altri la decisione.
La tendenza è più o meno questa, guardiamo gli altri e decidiamo di conseguenza. Se Tizio e Caio lavorano in quell’azienda per quella paga significa che è una buona paga.
Ma chi in realtà ha deciso realmente quanto valga un’ora del nostro tempo? Probabilmente se ci si pensa più a fondo si finisce col dire il mercato, l’economia, il PIL del nostro Paese, la concorrenza ed altre entità astratte.
A questo punto, sapendo in quali condizioni economiche versiamo, capiamo che anche la paga che dà un valore al nostro tempo è condizionata indirettamente dal circolo vizioso del debito pubblico.
Da ciò deduciamo anche di essere truffati del nostro tempo per il semplice fatto che qualcun altro, o qualcos’altro, ha deciso il suo valore, in modo del tutto arbitrario, in base a delle logiche di risparmio che non abbiamo voluto noi.
E anche, se fossimo noi a decidere, dovremmo allinearci alla concorrenza per non essere esclusi dal mercato, e poichè ribadiamo è tutto finalizzato al risparmio, perchè come abbiamo visto siamo immersi in un’economia basata sul debito, ne consegue che anche la concorrenza si adegua abbassando drasticamente i prezzi.
Con questo discorso non si vuole in qualche modo incentivare il consumimo, o lo spreco di risorse e servizi, ma solo mettere in risalto che un sistema economico basato sul debito è fallace, non porta ad un benessere psico-fisico della persona ma al contrario ostacola il pieno sviluppo della persona umana, così come sancito dall’articolo 3 della Costituzione.
Un sistema economico basato sul credito invece non incorrerebbe in tutti questi problemi, non costringerebbe gli esseri umani a svendere il proprio tempo e di conseguenza a sentirsi schiavi di un lavoro. Nè li costringerebbe a privarsi di ciò di cui hanno bisogno, ad esempio cure costose, alimenti sani, servizi migliori, come scuole, cliniche, strutture per anziani, professionisti competenti.
La maggiornanza delle persone è invece costretta ad affidarsi a ciò che offre al ribasso uno Stato indebitato, con servizi scadenti, code lunghissime, professionisti impreparati e strutture fatiscenti.
Cosa in parte voluta per incentivare le costosissime strutture privare e in buona parte conseguenza del debito di cui sopra.

LA GOCCIA CHE FA TRABOCCARE IL VASO
Bene o male, consapevoli o meno, siamo tutti nelle stesse condizioni. O nella stessa barca che dir si voglia.
Qualcuno potrebbe suggerire che conviene rimanere negli ingranaggi attuali se vogliamo ancora far galleggiare la barca.
Ma se il sistema è marcio e ne siamo perfettamente consapevoli, ha senso continuare a tenerlo in piedi grazie anche al nostro contributo?
Oltre che vittime non ci sentiamo anche un po’ complici?
Può accadere però che ci si risvegli all’improvvio dall’intorpidimento dovuto alla normalità e “al così si fa perché così si è sempre fatto”.
E cioè quando nonostante tutte le ore passate al lavoro, nonostante il poco tempo che ci resta da vivere, nonostante non ci si possa permettere nessun lusso, nonostante tutti i mesi siamo puntuali nel pagamento di bollette e scadenze di ogni tipo, arriva alla fine il momento in cui i soldi dello stipendio non bastano neanche per lo stretto necessario, e può accadere di non essere in grado di pagare una banale bolletta del gas o non riuscire a fare la spesa per la propria famiglia.
Ecco che allora si insinua in noi il sospetto che qualcosa non quadra e che in effetti tutti quei sacrifici che abbiamo fatto negli anni non abbiano portato a nessun miglioramento. Cominciamo allora a vederci dal di fuori e a percepire la nostra condizione come una prigione.
Non solo non siamo liberi di vivere ma non siamo liberi nemmeno di vivere la nostra schiavitù nella spensieratezza. L’unica cosa forse che ancora ci teneva buoni e servili nei confronti di questo sistema.
Scatta allora una molla dove non si ha più voglia di partecipare ai giochi. Si vuole soltanto rovesciate il tavolo e riappropriarsi del proprio tempo.
In quel caso potrebbe accadere che si lasci il proprio lavoro per cercare un’alternativa o magari che si provi a metterersi in proprio per avere più autonomia sulla gestione del proprio tempo.

MEDAGLIA AL VALORE
Ricordiamoci comunque che quando saremo anziani e staremo in un letto in punto di morte, nessuno ci darà la medaglia al valore per aver sacrificato la nostra intera vita per l’azienda, per la società, per una causa che riteniamo più grande, o semplicemente per fare soldi.
Tutti i nostri sacrifici saranno stati vani e nessuno si ricorderà nemmeno della nostra esistenza.
È più probabile invece che la nostra anima ci dia un bel calcio nel sedere per proiettarci in una nuova reincarnazione, per ricominciare da capo, visto che in questa vita non abbiamo capito niente.

LAVORARE MENO PER PRODURRE DI PIU’
Qualcuno protrebbe protestare che ci sono alcuni lavori specialistici come quello di medici o ingegneri, che non si possono toccare e devono rimanere nei parametri attuali.
Questo non significa però che far lavorare meno ore questi professionisti sarebbe sbagliato. Lavorando meno, secondo questo articolo(3) potrebbero lavorare anche meglio. Inoltre se un professionista lavora 4 ore anzichè 8, le altre 4 ore potrebbe lasciarle fare ad un collega, andando così ad incidere anche sulla disoccupazione, e migliorando la vita di entrambi.
Si dovrebbe puntare a pagare la qualità del lavoro non la quantità.
Se una cosa del genere fosse applicata in tutti i settori della società potremmo ridurre la disoccupazione che nel 2022 si attestava a quasi 5 milioni di persone(4).

VIVERE PER FARE SOLDI O FARE SOLDI PER VIVERE?
L’enorme paradosso in cui siamo immersi è che viviamo, e quindi lavoriamo, per fare soldi, non facciamo i soldi per vivere.
L’aspirazione finale di tutto quello che facciamo è accumulare ricchezze, magari qualcosina in più degli altri, sperando di raggiungere così la felicità.
Non siamo abituati a pensare, voglio vivere in questo modo e pur di riuscirci investo tutti i miei soldi e le mie energie.
Questo perché ci hanno abituato, e questo in tutti i contesti, a scuola, in famiglia, al bar, nei film che guardiamo, che ciò che conta più di tutto è il denaro, perché questo ti fa avere tutto quello che vuoi compresa la felicità.
Ci dimentichiamo di un piccolo particolare, che il denaro è solo uno strumento.
E non è garantito che riesca nello scopo.
La zappa può aiutare il contadino ad avere un bell’orto rigoglioso, ma di certo non fa il lavoro per lui.
Il grosso del lavoro lo facciamo dentro di noi.
Dobbiamo coltivare i pensieri giusti, fare le cose che ci piace fare, incontrare persone con cui siamo in sintonia, nutrire un profondo rispetto per noi stessi e gli altri, e per fare tutto ciò sicuramente non serve il denaro.

ALLEGGERIRSI
Cominciamo ad eliminare tutto il superfluo. Non compriamo cose che non ci servono. Non compriamo servizi di cui non abbiamo bisogno. Se possiamo permettercelo utilizziamo la bici e vendiamo la macchina.
Tutti i soldi che andremo a risparmiare ci faranno davvero sentire ricchi. Poi eventualmente valutiamo come riappropriarci di parte del nostro tempo. Magari cambiando il regime lavorativo. O trovando un lavoro che ci lasci più tempo libero.

TEMPO BEN SPESO
Impieghiamo il poco tempo libero che abbiamo in attività di ricerca, studio, lettura e approfondimento, crescita spirituale e di consapevolezza, ossia le uniche vere ricchezze che accrescono la coscienza.
Ma facciamo anche tutte quelle esperienze che vale la pena di fare.

IL TEMPO È DENARO
Quello che vale di più e che non ha prezzo, perchè impossibile da comprare, o recuperare quando perso, è proprio il tempo.
Ma direi piuttosto che poter disporre del proprio tempo per fare quel che si vuole non ha prezzo.
La persona che ha più tempo a propria disposizione è la più ricca anche senza saperlo.
C’è un film dal titolo “In Time”, dove in un futuro distopico la moneta di scambio della società diviene il tempo, e i più ricchi sono proprio quelli che hanno più tempo a propria disposizione e quindi vivono più a lungo.
Se pensate a quando avevate 25 anni e avreste voluto fare delle cose che non avete fatto, sapete che non è più possibile tornare indietro. E molto probabilmente, se aveste un capitale da parte, lo dareste tutto in cambio solo per poter tornare alla giovinezza per fare le scelte giuste.
Ma questo vale anche per il tempo presente, anche se non siamo abituati a pensarlo.
Come stiamo impiegando il nostro tempo adesso? Siamo sicuri che non lo stiamo sprecando? Non è che tra 10 anni ci pentiremo di come lo abbiamo passato?
L’unica cosa sicura è che non lo avremo più indietro. Per cui è necessario che facciamo nostra la famosa frase di Orazio, Carpe diem, ossia cogli l’attimo.
Il che non significa fare festa tutto il giorno, ma avere consapevolezza del momento presente e viverlo intensamente nel modo che riteniamo migliore.
Eckart Tolle, uno dei più famosi scrittori spirituali odierni, ci offre un valido esempio di come godersi il presente nel suo libro “Il potere di adesso”.
I soldi vanno e vengono, ed è sbagliato dar loro troppa importanza.
Il tempo va via e basta. E non c’è moneta, merce o ricchezza che possa ricomprarlo.
Facciamo le scelte giuste oggi, adesso, proprio in questo istante.
Smettiamo di sprecare il nostro tempo.

(1)https://codacons.it/italia-il-debito-pubblico-e-sempre-piu-alto-a-quanto-ammonta/
(2)https://www.adnkronos.com/italia-nel-2023-cala-ancora-la-popolazione-i-dati-istat_383oQ7g0mppVF9CO49JzRx
(3)https://alleyoop.ilsole24ore.com/2018/10/04/se-si-lavora-meno-tempo-si-produce-di-piu-e-si-sta-meglio-ecco-le-prove/?refresh_ce=1
(4)https://www.ilsole24ore.com/art/tra-disoccupati-e-scoraggiati-quasi-5-milioni-persone-inserire-lavoro-AEfFloKC

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